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Vocal acting, doppiaggio e mondo seiyū: tre realtà diverse

Quando si parla di vocal acting, anche i fruitori più fanatici di animazione (e non solo) impallidiscono alla parola o, i più informati, esordiscono affermando con enfasi “doppiaggio!”.
In perfetto stile Adam ruins everything riporto qui la definizione del validissimo Treccani sul termine doppiaggio:

“operazione con cui un film (o prodotto d’animazione o serie tv)  viene dotato di un sonoro diverso da quello originale, per eliminare difetti tecnici o di recitazione, o trasferire il parlato in una lingua diversa.”

Questo vuol dire che il vocal acting è quell’arte di recitare solo con la propria voce, dotando di una caratterizzazione particolare un personaggio d’animazione; tale azione non è doppiaggio e non è svolta da un doppiatore.

vocal acting

Il primo voice actor che ha fatto di questo mestiere un’arte, è stato Melvin Jerome Blanc (San Francisco, 30 maggio 1908 – Los Angeles, 10 luglio 1989), conosciuto come Mel Blanc, l’uomo dalle mille voci; tra le più memorabili figurano quasi tutti i personaggi dei Looney Tunes, Barney Rubble dei The Flintstones, Cosmo Spacely dei The Jetsons e Woody Woodpecker (che noi conosciamo come Picchiarello). I suoi personaggi hanno fatto la storia anche grazie a una connotata caratterizzazione vocale che fece dell’animazione con sonoro un prodotto interessante e divertente per il pubblico che ne alzò la domanda; basti pensare che uno dei motivi per cui Bugs Bunny è stato considerato il personaggio punta dei Looney Tunes risiede nell’accento newyorkese dato da Blanc. Nota a margine divertente: Blanc era allergico alle carote, ma le sgranocchiava durante le registrazioni per rendere realistico l’effetto.
In Italia, per via di una scarsa produzione d’animazione, il doppiaggio è l’attività più prolifica che talvolta è limitativa nei confronti del vocal acting. Anche quando cerca di far propria la caratterizzazione di un dato personaggio sempre di doppiaggio si parla; non si deve vedere come una nota negativa, piuttosto c’è da essere orgogliosi del fatto che il doppiaggio italiano è tra i più apprezzati al mondo e, se spesso si critica, non è per la recitazione, quanto per problemi di traduzione e adattamento dei testi, operazione non svolta dagli attori. Sì, parlo di attori in quanto teoricamente non esisterebbe il mestiere di doppiatore, esistono solo i mestieri dell’attore e del voice actor, nonostante l’esistenza di scuole di doppiaggio (che come capirete dal nome si concentrano solo su questa tecnica).
Chiamare un attore doppiatore è in un certo senso declassarlo e privarlo della sua natura artistica, limitandosi a riconoscerlo come semplici tecnico e, purtroppo – nonostante noi possiamo adorare e idolatrare tanti dei bravi attori italiani – non poche volte si sono verificati scioperi del silenzio, in quanto il settore del doppiaggio è spesso mal retribuito e non rispettato come arte.


C’è un posto al mondo però dove il vocal acting è così apprezzato tanto da rendere i suoi attori al pari di celebrità hollywoodiane e, no, non parlo degli States ma, come qualcuno può immaginare, parlo del Giappone. Dovremmo chiamare i voice actor nipponici con un più corretto koe no haiyū, ma dalla forma contratta (non vi annoio con la grammatica giapponese) si ricava seiyū, il nome con cui conosciamo i voice actor giapponesi.
Si può pensare che il voice actor e il seiyū siano effettivamente la stessa cosa, che l’attore americano (o italiano o di qualsiasi nazionalità esso sia) sia l’equivalente del seiyū, ma questo è solo in teoria e non scrivo motivata da nippofilia, ma per il semplice fatto che il loro mestiere è ben diverso.

L’attore vocale, come già detto, si occupa di vocal acting e doppiaggio, attività svolte dai koe no haiyu grazie all’animazione, ai drama radiofonici e all’importazione del cinema straniero fino agli anni Settanta. Poi qualcosa è cambiato nel mercato dell’intrattenimento (legato all’industria televisiva e musicale) e ha visto in questi attori qualcosa di più, così le loro agenzie hanno pensato di trasformali in idols ed ecco che negli anni Settanta Tōru Furuya (Amuro Rei, Tuxedo Kamen), Toshio Furukawa (Ataru Moroboshi, Piccolo), Yūji Mitsuya (Tatsuya Uesugi, Shaka di Virgo), Kazuyuki Sogabe (Saga di Gemini), e Akio Nojima (Ryousuke Shikishima) formano la prima band di seiyu, gli Slapstick.
Quando nel 1979 viene fondata la prima rivista di animazione, Animage, il direttore editoriale inizia a trasformare l’immagine del semplice voice actor in idol. Tra interviste e foto non sono più solo delle voci, sono ragazzi e ragazze carini che riescono a catturare fans.
Negli anni Ottanta vediamo il legame tra animazione e musica stringersi ancor più grazie alla band NG5 formata dai seiyū principali del popolare anime Yoroiden Samurai Troopers (in Italia conosciuto come I Cinque Samurai), che uniformarono il pubblico fan dell’anime con il pubblico fan della band. Era ormai chiaro quale sarebbe il futuro dei seiyū, per questo le agenzie di talenti si trasformano e specializzano per poter formare anche a livello musicale i futuri artisti.


Tra anni Novanta e inizio anni 2000 si pensa di produrre characters songs, ovvero canzoni in cui i personaggi cantano di se stessi, dei loro sentimenti, della loro storia e a cantare sono proprio i seiyū, indipendentemente dal fatto che abbiano una carriera musicale avviata o no. Le canzoni piacciono, sono orecchiabili, si può ascoltare un lato inedito dell’attore ed aumenta anche la produzione di drama cd, ovvero inediti episodi non animati che si possono ascoltare su cd come un drama radiofonico. La trovata accattiva  il pubblico e lo rende affezionato ai cast dei loro anime preferiti, desiderando entrarne in contatto.
Per le serie più popolari iniziano a crearsi gli esclusivi seiyū events, incontri dove i fans di un dato anime possono vedere il cast intervistato, ascoltare teatrini comici, assistere alla recitazione dal vivo di un episodio della serie (o un episodio inedito), vederli partecipare a giochi di dubbio gusto e – inutile dirlo – non manca mai un mini-concerto.


Se l’animazione non offre abbastanza con le sue serie, ecco arrivare riviste specializzate come Seiyū Grand Prix e Voice Animage, nate negli anni Novanta, che offrono servizi fotografici mensili ed interviste, spaziando dai ruoli interpretati alla vita privata (nella discrezione giapponese).
Oltre alla proliferazione di riviste specializzate, iniziano con gli anni 2000 a nascere sempre più show radiofonici legati alle serie in onda, condotti solitamente dagli esordienti della particolare opera, mentre i veterani presentano altri tipi di show e sono spesso ospiti di popolari programmi televisivi.
Mi rendo conto che scrivendone in questo modo i seiyū sembrano una classe elitaria, potente quanto burattina di un’industria spietata e totalitaria, ma questa è solo un’estremizzazione di una verità parziale. Sappiamo tutti che nel mondo dello spettacolo esistono sempre raccomandazioni, situazioni poco chiare e gli artisti hanno poca libertà di esprimersi e fare quello che davvero vogliono, ma questo non deve far pensare a un mondo senza mobilità, senza provini, fatto solo di bellezze con delle maschere. Basta guardare la carriera di molti seiyū famosi o ficcanasare tra gli anime di una stagione, per scoprire che non è affatto così e anche le star del settore (se non sono richieste dalle case di produzione o dai registi) fanno i provini e sono liberi nelle loro scelte lavorative, in quanto è frequente che – una volta supportati da un fanbase e dimostrato il proprio talento – molti seiyū lascino le agenzie per essere indipendenti. Un caso noto ed interessante è quello di Ken’ichi Suzumura (voce di personaggi come Shinn Asuka, Hikaru Hitachiin, Masato Hijirikawa e il Sougo Okita di Gintama) che lasciata la Arts Vision, ha fondato la sua agenzia di voice acting nel 2012, INTENTION, a cui si è aggiunto nel 2014 l’amico (ed ex compagno di unit idol) Takahiro Sakurai (voce di Cloud Strife, Suzaku Kururugi, Griffith, Shogo Makishima, Osomatsu Matsuno, per fare qualche esempio). Questo ha dato più possibilità di scelta ad entrambi, quanto aiutato produzioni animate controverse come Osomatsu-san che avrebbero subito un duro colpo (o la cancellazione dello show) se non avesse avuto un cast tanto importante a supportarlo (gli altri seiyu protagonisti dello show sono altre celebrità: Yuichi Nakamura, Hiroshi Kamiya, Jun Fukuyama, Daisuke Ono e Miyu Irino).


La presenza sempre più partecipe dei seiyū nel mondo dell’animazione non è affatto una cosa negativa; nonostante ci siano interessi di fondo, quasi tutti questi artisti sono fan genuini (anche ex-otaku) del fumetto e dell’animazione. Un esempio carino da portare in tavola è quello di Asanuma Shintaro: desideroso di esser presente nella serie animata di Daiya no Ace, come voce del suo personaggio preferito Youichi Kuramochi, si è impegnato tanto ai provini finché il ruolo non è stato suo. A serie animata finita, non ha messo da parte il suo amore, ma ha ricoperto le vesti di regista per una serie di spettacoli teatrali su Daiya no Ace che, ancora oggi, tengono vivo l’interesse dando opportunità a giovani talenti di farne parte, aiutando ad accrescere la fama di alcuni di loro.

Quando si puntualizza che un seiyū non è un doppiatore non è per motivi di un supposto fascismo otaku, ma vista la complessità di questa categoria artistica si devono fare degli importanti distinguo che non screditano il lavoro degli attori nostrani.
Penso che molte serie e diversi ruoli a volte siano più piacevoli da ascoltare in italiano, ma a prescindere c’è sempre una differenza di fondo: il doppiaggio è inevitabile traduzione ed adattamento, quindi molto delle opere originali va perso (dai suffissi, alle scelte di sostantivi che non rendono perfettamente il significato, ai dialetti, alle terminologie non traducibili, ecc… elementi importanti per la completa comprensione del personaggio e della storia). Non è malvagio dunque ascoltare la versione originale e poi anche la versione doppiata; non a caso i DVD/BD offrono sempre la possibilità di scelta e rendono una vera goduria il mercato home video che andrebbe supportato maggiormente.
Ciò che aiuta veramente i nostri attori non è chiamarli o non chiamarli “doppiatori”, ma acquistare DVD e BD. Abbiamo la possibilità di averli a prezzi davvero modici rispetto al Giappone e a tanti altri Paesi, dovremmo quindi essere acquirenti più generosi. I servizi di streaming sono belli, utili, soprattutto quando non c’è possibilità di vedere in tv ciò che vogliamo (e in lingua originale), ma lo streaming non dovrebbe mai essere la sola ed unica fruizione, altrimenti si danneggia un settore economico.

  • Arachan85
    Gennaio 17, 2019 at 12:09 pm

    Grazie di aver realizzato un articolo sui seiyuu! Anche io da amante dei seiyuu e blogger che ne scrive al riguardo, ritengo davvero importante il loro lavoro in ogni sfaccettatura. Così come è importante diffonderne la cultura anche tra i fan che magari non si sono mai avvicinati alla voce dietro i loro amati personaggi!
    Grazie ancora <3