In Anime/ Diario

Stagione Anime Inverno 2021: Cinque Raccomandazioni

Siamo a metà Gennaio, la stagione anime del 2021 è iniziata e in questo inverno freddo, toccato dalla disgrazia della pandemia con annessi e connessi, l’intrattenimento animato ci regala quei venti minuti di distrazione che meritiamo.
Ho pensato di guardare i primi episodi della maggior parte degli show in onda e sono rimasta sorpresa da tanti anime, sia in positivo che in negativo, e volevo condividere con i lettori una selezione di 5 anime raccomandati su 15 visti, dando spunti per vedere qualcosa d’interessante, magari sfuggito o ignorato.
La selezione non include ovviamente i sequel, anche se – devo dirlo – le seconde stagioni di Yakusoku no Neverland e Beastars sono quelle che aspettavo trepidante e sono iniziate magistralmente, senza scordare l’ultima stagione di Shingeki no Kyojin su cui non vedo l’ora di conoscere l’effettiva fine e poter fare una recensione complessiva.
Non è esattamente una Top 5, ma ho ordinato la selezione in ordine crescente e spero arriviate fino alla fine.

HoriMiya

Serializzato su Gangan Online e poi raccolto in dieci volumetti, Hori-san to Miyamura-kun di HERO, grazie a CloverWorks diventa una serie animata per la regia di Masashi Ishihama (Persona 5 The Animation) su copione di Takao Yoshioka (Shigatsu wa Kimi no Uso) che dal primo episodio riesce a regalare forti emozioni.
La storia vede protagonista Kyoko Hori, una ragazza bella, intelligente, popolare che con la sua attitudine solare conquista amicizie e fa sospirare tanti ragazzi. Kyoko però nasconde che ogni giorno, dopo l’orario scolastico, non si diverte come gli altri coetanei ma corre a casa per occuparsi delle faccende domestiche, badare al fratellino Souta, e aiutare una madre sempre assente a causa del lavoro. Nessuno a scuola immaginerebbe la popolare ragazza in abiti da casa comodi, presa da mansioni casalinghe, questo fino a quando un bel ragazzo punk – con piercing, tatuaggi e un look davvero cool – non si presenta alla porta di casa tenendo per mano il piccolo Souta che si era perso. Kyoko non fa caso al ragazzo in un primo momento, ma invitandolo a prendere un tè per ringraziarlo, scopre che lui conosce la sua identità: il ragazzo è infatti un suo compagno di classe, Izumi Miyamura.
Come Kyoko, a scuola Izumi è ben differente: indossa gli occhiali, è riservato e tutti lo credono un otaku sfigato. Izumi non ha in effetti una personalità espansiva ma lui e Kyoko, conoscendosi fuori dall’orario scolastico, in altre vesti, velocemente stringono una bella amicizia che muta in un profondo affetto.
La coppia HoriMiya (sì, è uno ship name) è pronta a salpare, ma non senza coinvolgere una schiera di altri personaggi che tra amicizia, rivalità e sentimenti non ricambiati sono pronti a regalare una piacevolissima commedia romantica.
Dopo il successo di sei OAV, la serie animata di HoriMiya (che conterà 13 episodi) era particolarmente attesa dagli amanti di slice of life sentimentali ambientate tra i banchi di scuola. Serie simili di solito hanno sviluppi molto lenti, in questo invece già dal primo episodio sono condensati molti eventi, presentando l’anime in modo dinamico e coinvolgente, spingendo lo spettatore a interessarsi alla chimica che c’è tra i due ragazzi.
Le premesse possono ricordare Kareshi kanojo no jijō (conosciuto da noi grazie a Dynit come Le situazioni di Lui e Lei) animato dal leggendario Gainax, ma se c’è un’ispirazione è molto blanda e con toni decisamente diversi. HoriMiya è divertente, leggero ed è la quota romantica che regala sorrisi e dolcezza.

Tatoeba Last Dungeon Mae no Mura no Shōnen ga Joban no Machi de Kurasu Yō na Monogatari

Lloyd è il giovane avventuriero protagonista di questa storia, trasferitosi nella capitale per entrare nell’esercito del regno e servirlo. Gli è sempre stato detto che è debole, così si è messo sotto con gli allenamenti e lo studio della magia, sperando di avere una minima possibilità di entrare nell’esercito e diventare più forte.
LIDENFILMS traduce in animazione questa serie di light novel fantasy (dal titolo impossibile che semplificherò in Last Dungeon) scritte da Toshio Satō e adattate come sceneggiatura da Deko Akao (Noragami; Akagami no Shirayuki-hime) per la regia di Migmi (in passato assistente alla regia di HunterXHunter del 2011).
La presentazione è delle più banali, anche se ci mostra scenari incantevoli, buone animazioni e un character design (Makoto Iino) che scalda il cuore (è la fiera del moe, sì), non sembrano esserci caratteristiche distintive per immergersi nella visione. C’è magia, ci sono streghe, ci sono principesse, maledizioni e mostri, una ricetta da GDR Fantasy perfetta, condita con un po’ di fanservice, finché non apriamo bene gli occhi sulla realtà che fa la differenza: Lloyd ha decisamente una percezione irrealistica di se stesso e ciò che ha intorno.
Il nostro protagonista è nato e cresciuto nella città di frontiera che in un videogame è etichettabile come Ultimo Dungeon, Lloyd è dunque abituato a pericoli e scontri mortali nel quotidiano e le sue abilità sono straordinarie. La capitale è il punto di partenza per ogni avventuriero e anche il più preparato non può che essere debole in confronto a chi arriva dall’ultimo livello di un’avventura; in un certo senso Lloyd si può definire un cheater.
La magia di Last Dungeon è tutta racchiusa nella comicità dataci dalle logiche RPG, quanto nella purezza di un protagonista inconsapevole dei suoi talenti e che altri personaggi osservano con amore, timore e sospetto.
Luoghi comuni, stereotipi e harem (inevitabile) sono tutti rielaborati in una formula narrativa originale e divertente, così che Last Dungeon possa sintetizzarsi nella formula “One-Punch Man incontra un JRPG”, con un Saitama del tutto inconsapevole del suo valore e, anche per questo, davvero amabile.

Kumo desu ga, nani ka?

Immaginate di essere una studentessa delle superiori, al sicuro, in classe, con insegnanti, compagni e… rinascere un minuto dopo, a causa di una morte che non ricordate. Tragico, sì, ma non quanto realizzare di essere rinati in un mondo fantasy di un videogame nella forma di un ragno.
Questa è la premessa della serie di light novel firmate da Okina Baba, di cui J-Pop ha portato in Italia l’adattamento manga con il titolo So I’m a spider, so what?
Lo studio d’animazione Millepensee si è preso carico di animare la fortunata serie, affidando la sceneggiatura a Yūichirō Momose (Magatsu Wahrheit -Zuerst-) e affidando la regia a Shin Itagaki (Teekyū, Berserk 2016 e 2017, le uniche produzioni di Millepensee), con la benedizione di Baba di scegliere liberamente come strutturare la storia, come dichiarato in autunno durante alcune interviste. Dare tanta libertà a un team che su carta sembra debole non è saggio, ma il primo episodio parte oltremodo bene. Non si può negare che per quasi un quarto d’ora c’è qualcosa di straniante nel vedere questo comico ragno affrontare la cruenta vita di un ragno ma pian piano che lo scenario si chiarisce, la curiosità accresce e un brivido d’eccitazione ci tocca, specialmente quando scopriamo che tutti i compagni di classe del nostro ragno sono morti e si sono incarnati in principi, guerrieri e creature magiche.
Orrore, dramma, commedia e umori anti-climatici si presentano sullo schermo destando molta curiosità e Aoi Yuuki, voce del nostro ragno, regala una performance esplosiva e divertente che ne conferma l’incredibile talento, un’energia che tra l’altro esplode nella già memorabile ending theme da lei cantata: Ganbare! Kumoko-san no Theme.
Rimanere indifferenti al primo episodio di Kumo desu ga, nani ka? non è un’opzione; ci sono note di follia che ricordano Otome Game no Hametsu Flag Shika Nai Akuyaku Reijō ni Tensei Shiteshimatta e la protagonista ricorda non poco Catarina Claes, dove l’attitudine positiva non è traducibile in frivolezza ma in forza, per la lotta alla sopravvivenza. L’ottimismo del nostro ragno deve far fronte a tonalità dark e tematiche difficili, rendendo Kumo desu ga, nani ka? un isekai che pur cercando di omaggiare molte opere dello stesso genere – dalle più leggere a quelle più mature –  ha una certa originalità e un’identità forte che promette più di una sorpresa.

2.43: Seiin Kōkō Danshi Volley-bu

A causa della morte della madre e dopo una spiacevole situazione di cui si è reso responsabile, l’adolescente Kimichika Hajima fa ritorno al paese della sua infanzia, Fukui. In questa località provinciale c’è chi ancora conserva preziosamente il ricordo di un’amicizia, di giornate felici e lacrime alla partenza del piccolo Chika: Yuni Kuroba non ha mai dimenticato Chika e maldestramente cerca di nascondere la gioia di rivederlo.
Chika però non è più il dolce bambino di un tempo, è un adolescente diffidente, superbo, privo di empatia e sembra addirittura non ricordare Yuni. L’unica cosa che pare interessare a Chika è la pallavolo e Yuni – pur di riallacciare il loro rapporto – decide di allenarsi con lui nella squadra della loro scuola, dove esiste un debole club che non si allena praticamente mai.
Chika mostra abilità sportive incredibili, è un ottimo setter e insegna velocemente a Yuni come ricoprire il ruolo di ace, facendo uscire il suo potenziale. Allenamento dopo allenamento i due sembrano riavvicinarsi, costruiscono un nuovo legame, ma il cugino di Yuni ha saputo qualcosa che è successo a Tokyo che riguarda Chika e mette in guardia dalla sua compagnia. D’altro canto Yuni è un tipo che si stufa facilmente di tutto, quindi è convinto che il suo entusiasmo per la pallavolo durerà poco, anche se non vuole perdere l’amico ritrovato.
La fine di Haikyū!! deve aver creato un vuoto in tanti e 2.43: Seiin Kōkō Danshi Volley-bu sembra esser stato aggiunto al palinsesto televisivo con sapiente tempismo, ma attenzione – nonostante Chika sembri una fusione tra Tobio Kageyama e Kei Tsukishima – questa è un’opera ben diversa da quello che è stato Haikyū!! perché non è uno spokon, bensì l’adattamento di una light novel incentrata sulla tematica del coming of age.
Come anticipa la bella opening theme Mahi di Yama, ci sarà sicuramente spazio per la pallavolo, ma il primo episodio mostra solo poche e bellissime animazioni di gioco, concentrandosi più sui sentimenti e sulla psicologia che sullo sport.
David Production si presenta in splendida forma questo inverno (portando anche la seconda stagione di Hataraku Saibou!) e con un solo episodio riesce già a suscitare forti emozioni e curiosità, il che non sorprende molto in quanto il romanzo di Yukako Kabei è stato affidato alla sapiente scrittura del maestro Yousuke Kuroda (Trigun, Mobile Suit Gundam 00, Boku no Hero Academia) e alla regia di Yasuhiro Kimura (JoJo’s Bizarre Adventure: Vento Aureo).
2.43: Seiin High School Boys Volleyball Team richiama anime come Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru o Battery, storie di formazione che attraverso lo sport vogliono narrare la crescita di ragazzi determinati a inseguire i loro sogni ma che devono affrontare i loro demoni, tra cui la difficoltà di creare legami.
Non sono sicura se ci sia intenzionalmente un sottotesto romantico tra Chika e Yuni, certo è che le loro dinamiche sono un bonus aggiunto, anche se siamo lontani dall’universo di Yuri! On Ice ma… va bene così. Se il pattinaggio sul ghiaccio con personaggi ambigui vi manca, potete dare un’occhiata a Skate-Leading☆Stars, anche esso una novità della stagione.

Wonder Egg Priority

La giovanissima Ai Ōto ha trovato un Wonder Egg da un gachapon, è durissimo, non può cuocerlo e non sa cosa farci, ma diventa un compagno importante di giornate solitarie sempre uguali.
Una voce la chiama, entra in un sogno, non è esattamente un sogno, c’è qualcosa di reale in quel posto che sembra una scuola come tante. Nel sogno la voce spinge Ai a rompere l’uovo e da esso nasce una ragazza della sua età: per lei quello non è un sogno, sarà la sua realtà, la rimprovera di averla portata alla luce e scappano via perché in quella scuola creature inquietanti sono assetate di sangue. Le due ragazze scappano insieme in un incubo labirintico, qualcosa che non è nuovo ad Ai, prigioniera di ricordi dolorosi che si presentano anche in quel mondo.
Quando riapre gli occhi nella sua stanza, Ai capisce che il mondo alternativo è reale, vorrebbe fare qualcosa questa fragile ragazza con eterocromia, motivo per cui è stata vittima di bullismo. Se non ha potuto nulla contro i bulli cosa può fare nella dimensione onirica contro i mostri? Dopotutto la ragazza in pericolo non ha chiesto il suo aiuto, potrebbe continuare a voltarsi dall’altra parte e lasciare che tutto vada come deve andare.
Wonder Egg Priority è  un anime a sceneggiatura originale che sembra partorito dalla geniale mente di Kunihiko Ikuhara (dopo un incontro con Gen Urobuchi) e animato da Kyoto Animation, una sorta di rivisitazione di Alice nel Paese delle Meraviglie che incontra gli universi di Mawaru Penguindrum, Sarazanmai e Kyōkai no Kanata e Puella Magi Madoka Magica. I paragoni però risultano forzati perché Wonder Egg Priority brilla di luce propria e, nella sua singolarità, è una metafora psicologica complessa tutta da scoprire, ma non eccessivamente cerebrale.
In questa stagione troviamo molte serie eccentriche in contenuti e forme (Gekidol probabilmente vince su questo fronte) e Wonder Egg Priority ha molte somiglianze con il compagno di stagione Urasekai Picnic, ma già con un solo episodio si distingue grazie a superbe animazioni (ad opera di CloverWork), un character design molto bello (di Saki Takahashi, a capo anche delle animazioni) nonché una trama ipnotica firmata da Shinji Nojima, sceneggiatore di film e drama che con quest’opera esordisce nel mondo dell’animazione.
Ciò di cui difettano molti anime di genere psicologico è la difficoltà ad approcciarsi con entusiasmo dai primi episodi, anche se incuriosiscono risulta spesso difficile metabolizzare la storia, quanto entrare in empatia con i personaggi. Wonder Egg Priority ha i suoi enigmi ma ci presenta in modo chiaro gli eventi principali, il background della protagonista, i suoi desideri, le sue difficoltà. Dopo la prima parte il sentiero che vuole intraprendere quest’avventura risulta ben delineato e tutto ciò che è nel mistero si ha davvero voglia di scoprirlo (a fine episodio mi sentivo frustrata: volevo vedere ancora, volevo saperne di più), questo anche grazie a un’ottima abilità registica (Shin Wakabayashi) che si prende molto sul serio e fa di Wonder Egg Priority un lavoro ambizioso ma senza presunzione.
Lì dove dal suo esordio c’è un gioiello che brilla, ottimo in ogni compartimento, la raccomandazione è doverosa a prescindere dei generi che si seguono e piacciono.

Questi sono i cinque anime che mi sento di raccomandare e che probabilmente recensirò a fine stagione. A marzo mi auguro di fare una breve classifica sulle visioni che più mi sono piaciute e spero saranno riconfermati i cinque raccomandati, anche se mi aspetto qualche sorpresa o un ribaltamento.
Come ho scritto nell’introduzione, escludendo sequel e anime in continuazione, ho visionato quindici nuovi show e tra questi ci sono sicuramente anime di cui non vedrò neanche il secondo episodio (Project Scard: Praeter no Kizu è l’esempio più illustre, ne ho disprezzato ogni singolo fotogramma), quanto serie che potrei droppare o riconsiderare. Un primo episodio può dare un’impressione, ma molti anime usano i primi episodi come introduzione e spesso sono fuorvianti, come è vero che molte serie partono bene e deludono dopo qualche episodio.

Quali serie state seguendo? Quali raccomandereste? Spero davvero di ricevere risposte, non siate timidi.