In Challenge/ Diario

#30DaysOfMe – Giorno 10: Il Signore degli Anelli

Challenge: 30 giorni, 30 opere che mi definiscono.
Credits by @Erikaruna.

Non mi atteggerò a esperta di J. R. R. Tolkien e del mondo che ha creato e che conosco molto poco a livello letterario, è una grave mancanza – ne sono conscia – ma Il Signore degli Anelli è importante per me, deve esser citato in questa challenge, anche se sono fan solo della versione cinematografica di Peter Jackson.
Sono in imbarazzo perché dovrei scrivere almeno un post di 300 parole e io non ne ho molte da spendere; davanti a qualcosa di epico – realizzato in modo sublime – puoi solo stare in silenzio e lasciare che quella storia divori te e non il contrario.
Mi basta ascoltare The Lord of the Rings dei Blind Guardian per essere pervasa da emozioni che si sovrappongono, annodandosi tra loro. Slow down and I sail on the river/Slow down and I walk to the hill/And there’s no way out non sono versi degni di Tolkien, ma credo sappiano sintetizzare perfettamente il ritmo, l’energia e l’epicità di quest’opera. È questa l’epica del viaggio che corre e naviga tra terre sconosciute e la dimensione oscura di noi stessi, un riflesso che non riesce a far rimanere indifferenti.
Teoricamente Il Signore degli Anelli è un trilogia di romanzi fantasy di carattere eroico, ma si accomoda perfettamente nel fantasy epico per i simboli, i personaggi, le gesta e il carattere moraleggiante. Non posso commentare come Peter Jackson abbia reso l’adattamento ma sicuramente ha portato con devozionale rispetto il messaggio e i toni epici, facendo sì che ogni sequenza riuscisse a trasportare e toccare il cuore dello spettatore. Per me è la più bella esperienza cinematografica di sempre, ma da vedere esclusivamente con il minutaggio integrale: vedere Il Signore degli Anelli nella sua versione non estesa è vedere un’opera monca che perde tanto di spessore.
fangirlinkLa mia prima esperienza con La Compagnia dell’Anello – nella sua versione cinematografica – fu una noia totale che mi portò ad addormentarmi e, a distanza di tempo, riaddormentarmi nello stesso punto. Manca molto di anima con i tagli ed è davvero poco coinvolgente iniziare un viaggio con presentazioni sommarie e privo del background della Contea. Con quel quarto d’ora/venti minuti iniziali cambia invece tutto, anche per Frodo, un personaggio molto spesso bistrattato (ingiustamente!).
Dopo la missione affidata da Gandalf, un personaggio che da subito si distingue per carisma, l’inizio del viaggio con i quattro hobbit colpisce per la loro natura ingenua, ignorante verso tutto ciò che era fuori dalla Contea, ma che fa trovar loro il coraggio di restare uniti e arrivare alla meta (parziale).
A Gran Burrone, quando la compagnia si forma, ho trovato impossibile non amare ciascuno dei personaggi (Boromir, incluso). Non c’è una tradizionale introspezione o un’analisi psicologica per cui si entra nel mondo di ciascuno, tuttavia parole, gesti, prese di posizione raccontano molto bene il mondo dei personaggi, colore e sostanza di ognuno emerge, senza per forza costringerli alla bidimensionalità. Ho adorato il loro viaggio, i rapporti tra personaggi, le battaglie, quel senso di dovere morale, il sacrificio, ma soprattutto credo di essere rimasta colpita dalle piccole cose che fanno la differenza in un contesto tanto vasto. La gente piccola, l’umiltà, la battuta sagace, la parola giusta al momento giusto; nei dettagli ho visto quest’opera brillare e incantarmi ad ogni visione, trovandola sempre più bella. Proprio di recente ho deciso di fare una maratona e vedere tutti i film in lingua inglese, era tanto che non facevo un rewatch e anche se c’erano battute che conoscevo a memoria ho rivalutato tanto, per certi versi è come se avessi (ri)scoperto qualcosa di prezioso che mi ha toccato l’anima.
Il potere delle grandi storie è il saper essere sempre attuali, rivelarsi sempre differenti, e questo ed è più potente di qualsiasi anello stregato.