In Challenge/ Diario

#30DaysOfMe – Giorno 7: Inuyasha

Challenge: 30 giorni, 30 opere che mi definiscono.
Credits by @Erikaruna.

Inuyasha sia nella sua forma originale di manga che nel suo adattamento animato, è una presenza insolita in questa challenge.
Quando lo vidi per la prima volta ne ero indubbiamente entusiasta, faceva parte come Evangelion delle mie prime visioni del MTV anime night, per tanto subivo il fascino del guardare un anime non censurato con le sigle originali “coverizzate” da Massimiliano Alto (doppiatore di Inuyasha nelle prime stagioni, la voce definitiva per me!) e Name.
Non ero mai stata una fan delle opere di Rumiko Takahashi, pur riconoscendone il talento e l’originalità, ma l’ambientazioni, le atmosfere e la storia mi avevano abbastanza coinvolta, incluse le dinamiche del rapporto tra Inuyasha e Kagome. L’arrivo di personaggi come Miroku, Sango e la conoscenza più approfondita di Kikyo e Sesshomaru, oscurarono il mio interesse per la coppia protagonista, ma proprio loro mi convinsero a seguire il manga. Purtroppo, continuando la lettura, mi sembrò che la trama diventasse dispersiva e poco soddisfacente per i miei gusti a quell’età, per cui abbandonai gradualmente ogni interesse per Inuyasha, tanto da non vedere neanche il Final Act.
Ad oggi penso che Inuyasha sia stato uno degli shōnen manga più interessanti degli ultimi venti anni, ma non esattamente qualcosa che fa per me; se facessi una top 100 dei miei manga preferiti non credo vi rientrerebbe (ancor meno l’anime), per dire.
Perché allora Inuyasha è importante in questa ristretta challange, che dovrebbe dare spazio anche ad altri media?
Confesso che sono stata in dubbio sull’inserirlo, ma c’è una ragione davvero importante che non posso ignorare: il mio amore per la cultura e la storia giapponese è iniziato proprio con Inuyasha.
Si dà per scontato che un amante di manga e anime debba per forza amare il Giappone, anzi, molto spesso l’amore per il Paese del Sol Levante si identifica proprio sulle passioni nerd di noi occidentali. Forse non è il miglio esempio, ma sono grata per l’esistenza di Looney Tunes, South Park e del mondo di Hollywood, ma il mio interesse per la cultura e la società americana è pari allo zero. Una passione non include l’altra secondo, per questo anche se a grandi linee c’erano elementi della storia e cultura giapponese che conoscevo, la visione massiccia di anime da quando ho memoria, non ha avuto alcuna influenza sul mio interesse per il Giappone. Non fino a Inuyasha, almeno.
#30daysofme Da quando ho imparato a leggere, le mie tendenza di lettura erano più rivolta a libri di stampo saggistico, che riguardassero la storia, le culture e la mitologia di antiche civiltà; parallelo a questo interesse c’era la passione per i dinosauri e gli animali mitologici che, in qualche modo, ha incluso quello per creature sovrannaturali.
La mia fascinazione per Inuyasha andava a toccare degli interessi fondanti per la mia persona, dopotutto la storia tratta di un’adolescente che visita un’epoca passata piena di mostri e spiriti.
Ero affascinata da quell’epoca che possiamo definire tardo medievale (l’epoca Sengoku va dal 1467 al 1615) che sembrava così lontana, così antica, rispetto a quello che era stata la nostra storia avviata al mondo moderno, un mondo che credeva sempre meno a demoni, mostri e fantasmi. In queste differenze, trovai l’interesse per ricercare opere simili e iniziare a leggere reportage di viaggi, scoprendo poco a poco il Giappone nella sua storia e nel suo folklore.
L’interesse che provo per la cultura giapponese è ad oggi molto più forte di quello verso qualsiasi manga o anime, quello che definisco il mio lato “otaku” (un termine estremo che uso con cognizione di causa) è certamente importante, una parte di me che so non tramonterà mai, ma tutto ciò impallidisce al fianco del mio amore per la cultura giapponese.
Esistono tante storie in forma di anime o manga che meglio trattano periodi storici antichi, ci sono storie di folklore molto più accattivanti e successivamente avrei scoperto opere importanti (per me) che trattavano di yōkai, ma Inuyasha è stato il primo anime e manga che mi ha portato dentro questo mondo, è stata la serie che ha messo le basi per il mio amore per il Giappone, spingendomi in seguito a ricercare atmosfere simili in altre opere. Prima di Inuyasha approcciavo quasi esclusivamente ad opere di stampo più occidentale, in cui la cultura giapponese era davvero relativa e messa all’angolo, trattandosi di storie dal setting contemporaneo.
Il mio amore per il fantastico subì un’evoluzione con Inuyasha e il Giappone iniziò a prendere una forma diversa nella mia mente e nel mio cuore, non ero ammaliata da un luogo che mi sembrava ridente e fiabesco, ma tutt’altro.
Inuyasha non sarà una delle mie serie preferite, ma devo ammettere che sono grata all’opera per avermi fatta andare oltre, amplificando una passione e degli orizzonti. Se uscisse una nuova edizione più consistente (come Starcomics ha fatto per Sailor Moon, Utena e Ranma ½) confesso che ad oggi la comprerei per affetto, perché – nonostante tutto – fa parte della mia storia di vita e vorrei darle un posto speciale.