In Challenge/ Diario

#30DaysOfMe – Giorno 3: Card Captor Sakura

Challenge: 30 giorni, 30 opere che mi definiscono
Credits by @Erikaruna

Avendo già parlato del mio amore per i majokko e avendo creato con le parole un trono per Sailor Moon, forse sorprende che ci sia ancora una serie sul tema delle “ragazze magiche”, ma non sarà l’ultima ed è qui perché è uno dei mie pilastri.
Una volta finito Sailor Moon non mi sono mancate serie belle da seguire, per cui ridere ed emozionarmi. Mi mancava però una serie che fosse incisiva, con personaggi che adoravo come le guerriere sailor. Qualche anno dopo Sailor Moon, Card Captor Sakura fu la serie che non sapevo di volere e che – per certi versi – mi offrì più di Sailor Moon.
Per la prima volta c’era una protagonista che mi piaceva davvero (Usagi carina, ok, ma avevo sentimenti complicati nei suoi confronti) e nella sua semplicità, risolutezza e simpatia mi entusiasmava, soprattutto perché non era la Minako irraggiungibile nella sua bellezza ed età; Sakura era una bambina della mia stessa età, che mi somigliava anche un po’.
Mi piaceva lei e com’era trattato il tema della magia, mi piaceva che usasse delle carte e evocasse delle creature sovrannaturali, mi piacevano le atmosfere oniriche e tutto l’apparato di personaggi che gravitava intorno a lei.
#30DaysOfMeCard Captor Sakura però fu qualcosa in più che la fascinazione per una storia e i suoi personaggi: questo anime fu il mio primo sguardo consapevole verso il Giappone. Sapevo che tanti prodotti d’animazione non erano ambientati in Italia, ma non avevo un’idea chiara geografica e culturale del Giappone, mentre CCS mi ha fatto comprendere che in Giappone c’erano i fiori di ciliegio rosa, per esempio, come capii che al Giappone solo appartenevano quei “cibi strani” e quei nomi che non avevo mai sentito nel mondo occidentale; capii che la torre che si vedeva nei sogni di Sakura non era la Torre Eiffel ma una Torre che apparteneva alla capitale del Giappone, Tokyo.
La maledetta Torre di Tokyo, precisiamo.
Sakura era dunque una bambina giapponese, come Shaoran era un bambino cinese e la Cina non era il Giappone ma quali erano le differenze? Erano bambini come me che andavano a scuola con la divisa scolastica come me, che amavano stare con gli amici come me, che avevano le loro cotte e i loro dolci preferiti, tante cose banali ma che a quell’età potevi relazionare alla tua vita.
Adoravo quella bambina giapponese, volevo il suo stesso taglio di capelli e mi piaceva che fosse legata a un mondo che per certi versi mi era familiare; la mia mamma aveva una biblioteca che conteneva molte cose simili a quelle dell’universo di Card Captor Sakura in quanto appassionata di cose new age, tra cui i tarocchi con cui giocavo qualche volta.
Ammiravo Sakura e diversamente da una Sailor Moon non avrei voluto sostituirla o mettermi al suo posto, era un personaggio che piuttosto avrei voluto conoscere, la protagonista di quello che considerai presto l’anime più bello che avessi mai visto, a quell’età. C’era tutto quello che non credevo avrei voluto in una storia e… poi c’era lui, il mio primo batticuore in 2D che mi fece dimenticare la cotta che avevo per un bambino della mia classe: Li Shaoran.
Li Shaoran forse fu l’inizio di un dramma (da fangirl, intendiamoci), perché l’entusiasmo che provavo per lui non l’avevo mai provato prima, ero felice del semplice contemplarlo ma allo stesso tempo tifavo per lui e Sakura, come coppia. Avevo l’album di figurine della serie e dato che la mia cotta per Shaoran era rinomata, le bambine della classe che facevano la collezione come me, quando avevano un doppione di Shaoran me lo regalavano. Facevo la collezione dei doppioni di Shaoran, al fine di portarlo sempre con me in un borsellino speciale, dove tenevo solo le sue figurine. Disagi da bambina, ma che mi fanno sorridere ed emozionare, quanto prendere consapevolezza che stava nascendo una fangirl.
Adoravo Shaoran perché non era una noia mortale come Tuxedo Kamen, non era il figo della situazione, era il rivale diretto di Sakura che non si tratteneva sapendo che lei era una ragazza: la trattava da pari e poi… era il suo rivale in amore! Non mi piaceva molto Yukito e mai ho pensato che Sakura potesse coronare il suo sogno romantico con lui, ma vedere Shaoran interessato a lui era divertente, grazie ai suoi blush prepotenti, la sua attitudine a scappare per l’imbarazzo e il mostrarsi geloso di Sakura e Tōya (Mediaset non fu abbastanza brava a censurare). Non era il bello e tenebroso che andava tanto di moda, era un personaggio complesso, in cui viveva il disagio, la dolcezza, la saggezza e il dubbio.#30daysofme
Card Captor Sakura
era perfetto per me, lo amavo in ogni aspetto (a parte Meiling, ma non è colpa di quella povera ragazza) ed ero curiosa di conoscere la fine di quella storia, se non fosse che Mediaset – di punto in bianco – interruppe Card Captor Sakura e rimandò le repliche, causandomi un trauma: non avrei conosciuto il finale della mia serie preferita. Il dramma.
Un paio d’anni dopo, finite le elementari, impossibilitata a vedere il pomeriggio animato di Mediaset, mi ritrovai davanti a una fumetteria che conoscevo da quando ero bambina e in cui andavo a comprare le carte dei Pokémon. Entrai e vidi un volume di Card Captor Sakura! Avevo undici anni e avevo letto dell’esistenza dei manga che non erano come i comics che seguivo di Digimon o come Witch; trovare i volumi del manga di Card Captor Sakura fu una sorpresa bellissima.
Purtroppo in fumetteria ebbi l’orribile notizia che c’erano solo quei pochi numeri che avevo adocchiato, ma se l’indomani fossi andata alla prima edizione del Romics, sicuramente in quel posto avrei trovato tutti i numeri che cercavo perché era la prima fiera del Fumetto della capitale.
Non sapevo cosa fosse una fiera del Fumetto, non ero mai stata ad una fiera, ma ero determinata ad andare quanto la mia mamma a farmi contenta. Mia madre sembrava la bambina tra le due, curiosa su cosa fosse questo e quell’altro, guardava con ammirazione gli unici cinque cosplayer che c’erano e io non sapevo nulla di nulla, ma ero concentrata nella mia missione e sogno: conoscere finalmente tutta la storia di Sakura.
Era una fiera piccola ma piena di adulti e liceali, io ero tra i più giovani e nonostante non ci fossero eventi o iniziative accattivanti, nella mia ignoranza mi sentivo a casa, quel mondo mi sarebbe appartenuto un giorno e speravo di tornarci conoscendo qualcosa in più. Fu un’esperienza incredibilmente felice e che mi portò ad avere tutta la serie sulla mia eroina, una lettura che mi colpì e trovai superiore alla storia che avevo visto animata.
Quando Mediaset trasmise la seconda parte lo scoprii per caso, non avrei potuto vederlo perché trasmesso in un orario per me impossibile, ma pazienza, avevo letto il manga e mi ero data al collezionismo, acquistando gli album con le canzoni giapponesi e il drama cd di San Valentino; pur non capendo il giapponese, avere cose tanto esclusive mi faceva sentire più vicina a ciò che non avevo potuto vedere, quanto mi faceva sentire non più una semplice fruitrice ma una vera appassionata che cercava di tenersi stretta la sua passione.
Card Captor Sakura è stato un titolo per me croce e delizia, un titolo di passaggio che mi ha condotta nel mondo che amo, anche se mi ha portato a fare il tragico pensiero: “mi piacciono le CLAMP, voglio recuperare tutte le loro opere adesso!”.